Delia

Il gufo saggio

- Anacleto racconta -

Prefazione

Parla Anacleto:

"Quando ero con Mago Merlino - veramente non ero proprio io, quello che tu vedi qui, ma è come se lo fossi, perché la mia Anima-Gruppo con cui sono sempre in contatto mi passa le informazioni e le immagini, e mi fa vedere e vivere quello che c'è stato prima di me come se lo avessi vissuto io - dunque, quando vivevo insieme a Mago Merlino era normale che gli animali venissero ascoltati; ma non solo gli animali, anche gli alberi e le pietre.
Allora c'era la consapevolezza che ogni cosa ha una sua coscienza, un frammento d'anima, un po' di conoscenza da condividere, e gli umani (non tutti a dire il vero) ascoltavano la saggezza della Natura, la nostra Grande Madre.
Questo non impediva loro di ucciderci (in genere per mangiarci o per prendere le pelli e le pellicce per coprirsi), o di uccidersi tra di loro (per molti motivi), ma c'era in loro un fondo di rispetto (e di timore) per la natura, cosa che ora è ben difficile da trovare.
Certo, ci sono molti umani che ancora ce l'hanno, altri che addirittura si battono per affermarlo, ma la maggior parte di loro ne sono privi e pensano che tutta la natura sia al loro servizio, come un enorme banchetto a cui abbuffarsi o che sia una cosa non viva da usare e da sfruttare per il loro tornaconto.

Ma non stiamo a criticare troppo, tanto si sa che si raccoglie il frutto dell'albero che si è seminato e piantato, quindi...

Pensiamo invece alla saggezza che c'è nella Natura, alla bellezza, a volte anche terrificante, che racchiude in sè, agli insegnamenti che dà perché si possa vivere meglio, all'amore che profonde e che stimola e alla gioia che ne deriva.
Cerchiamo il lato bello, divertente, umoristico di questo guazzabuglioso secolo, estraiamone il succo sacro per nutrire l'anima ed entrare nella gioia, che in definitiva è il risultato della sapienza e della saggezza."

Immagine a sinistra condivisa da liftarn
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Immagine di destra ©1964 Walt Disney.

1 - Tra i due litiganti il terzo gode

"Oh, Gloria, eccoti qua, sei venuta a trovarmi. Brava, mi fa molto piacere vederti. Oggi ti racconto una cosa buffa alla quale qualche giorno fa mi è capitato di assistere.

Stavo svolazzando qua e là, in cerca di ispirazione (e anche di cibo, non lo nego) quando ho visto un movimento strano sotto di me.
Sono sceso a terra e ho guardato tra l'erba: c'erano due lunghi vermi che bisticciavano, sferzandosi l'un l'altro con la parte posteriore dei loro corpi.
Sembrava che avessero creato un piccolo ring: dove si stavano muovendo non c'era più erba, il terreno era completamente spoglio.
A un certo punto si sono aggrovigliati a tal punto da non riuscire più a districarsi.
Era una scena veramente buffa, se non fosse che il rumore che facevano ha attirato una gallina che, ben contenta della situazione, si è avvicinata senza che loro se ne accorgessero e con una sola beccata li ha presi e ingoiati... due al prezzo di uno!
E si potrebbe anche dire: "Tra i due litiganti il terzo gode!"

Disegno della gallina condiviso da johhny_automatic
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Disegno dei vermi condiviso da kasahorow
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2 - Non aspettarti che il miracolo si ripeta

"Ciao, Anacleto, come stai?"
"Ciao Gloria, bene ma un po' bagnato!"
"Eh, si, ha piovuto molto. Per questo la settimana scorsa non ho potuto venire a trovarti. Appena ha smesso, come vedi, sono qui."
"Si, ha smesso di piovere. Ma guarda che pantano c'è sul terreno!
"Infatti per venire qui ho dovuto mettere gli stivali di gomma!"
"Così se vuoi possiamo anche andare a pescare. Ma se ti accontenti delle rane, senti quante ce ne sono, hanno invaso questo territorio."
"Ma quando poi asciuga se ne vanno"
"Ma per ora sono qui, e fanno un baccano che ferisce le mie orecchie sensibili, soprattutto di notte!"

Gloria osserva il terreno umido, pieno di larghe pozze d'acqua: è tutto un saltare di rane, rospi e raganelle.
Dagli alberi cadono ancora grosse gocce, soprattutto dove le foglie larghe e concave hanno trattenuto l'acqua, che la brezza a tratti fa cadere. Lei non se ne preoccupa, perché ha addosso un ampio impermeabile, ma il povero Anacleto ogni tanto si becca in testa una bella doccia!
"Allora, Anacleto, cosa mi racconti oggi?"

"Hai presente il vostro detto "Sputare il rospo", che per voi vuol dire cercare di liberarsi con le parole di un qualcosa che è successo e che proprio non è "andato giù", non è stato "digerito", e dire alla persona interessata il fatto suo?
Beh, qualche giorno fa questa cosa è successa realmente.
E' venuto un grosso cerbiatto a bere a una delle pozze qui: poverino, era proprio assetato, perché aveva fatto una lunga corsa per sfuggire a un branco di lupi che volevano mangiarselo.
E' arrivato qui tutto affannato, respirava a fatica e tremava tutto. Per rinfrancarsi ha preso una grande sorsata, ma non si è accorto che in quell'acqua c'era un piccolo rospo, e lo ha "bevuto" con l'acqua.
Arrivando nella gola il rospo si è aggrappato con le sue ventose per non essere inghiottito, agitandosi a più non posso.
Il cerbiatto ha cominciato a tossire, a dimenarsi: non riusciva a respirare.
Potevano morire tutti e due, uno affogato e l'altro soffocato, poi invece, dopo qualche minuto di tragedia, il cerbiatto è riuscito a sputare il rospo, che è rimasto a terra immobile per qualche secondo, dopo di che, ripresosi dallo spavento, è scappato via a gran balzi gridando "Ce l'ho fatta, ce l'ho fatta!"
Anche il cerbiatto ha continuato a tossire e a sputacchiare per un po', gli faceva male la gola, poi ha bevuto un po' d'acqua, questa volta lentamente, facendo molta attenzione e deglutendola piano piano.
Poi anche lui ha esclamato: "Ce l'ho fatta!"
E il coro di rane intorno, che avevano assistito al dramma: "Ce l'avete fatta tutti e due, è andata bene, potevate morire, e invece tutti e due avete imparato una lezione nuova. Per il rospo è "attenzione a dove metti i piedi", per te quella di fare le cose con calma, anche se provieni da un'esperienza stressante.
E comunque attenzione: "non aspettarti che il miracolo si ripeta".

Guarda un po', le rane riescono anche loro ad essere sagge.
Chi l'avrebbe mai detto?"

Disegno del gufo condiviso da liftarn
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Disegno dello stagno condiviso da firkin
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3 - Non esiste danno che non possa essere riparato

"Ciao, Anacleto, eccomi di nuovo qui da te. Oggi è proprio una bella giornata.
Ma tu non dormi di giorno?"
"Si, Gloria, in genere dormo di giorno e sto sveglio e caccio di notte, come tutti i gufi che si rispettino. Ma quando tu vieni a trovarmi il tuo pensiero mi sveglia e allora rinuncio per un po' al sonno e ti aspetto. Poi quando te ne vai (non rimani mai molto), torno a dormire."
"Mi fa piacere. Bene, cosa mi racconti oggi?"

"Abracadabra ... ecco qua la storia di oggi. Risale a un tempo molto lontano, me la sta "passando" l'altro Anacleto, quello un po' permaloso.
Risale al tempo dell'Abracadabra, quando sulla terra c'erano i Magi.
Il compagno di Anacleto era un mago molto famoso, che ha fatto la storia.

Immagine tratta da "La spada nella roccia"
©1964 Walt Disney

Un giorno Mago Merlino se ne andava per la foresta con il gufo appollaiato, come sempre, sul suo cappello, appoggiandosi al bastone per non inciampare (era già piuttosto vecchio) quando all'improvviso gli si parò davanti una forma indistinta avvolta in una nebbiolina verde luminescente.
"Sono lo spirito di questa foresta." - si presentò - "Ho una richiesta per te: c'è bisogno di te qui poco lontano, dove c'è la Pozza Sacra, quella che dà i responsi a chi si specchia in essa con sincerità e devozione. Da qualche tempo la Pozza non parla più: qualcosa la sta inquinando, e l'acqua si sta intorbidendo.
Tu hai le capacità per capire cosa è successo e farla ritornare limpida e viva come è sempre stata. Vi prego, andate e liberate la fonte dal malefizio che la inquina."
Così Merlino e Anacleto si avviarono nella direzione indicata.
Arrivarono alla Sacra Fonte e trovarono l'acqua torbida che ribolliva ed emanava un odore acre.
Merlino si inginocchiò e toccò l'acqua, che quasi gli si appiccicò alla mano tanto era diventata vischiosa. La annusò e comprese subito cosa stava distruggendo la sua vitalità.

Disegno condiviso da mi_brami (openclipart.org/detail/172329/bubbles)
con successive modifiche

Tornò per un tratto dentro la foresta e cercò certe bacche secche e certe erbe e ne riempì la sacca che sempre portava a tracolla.
Andò vicino alla Fonte, cercò uno spiazzo di terra senza vegetazione.
Prese delle pietre e le posò a cerchio sullo spiazzo; al centro mise le bacche secche e le erbe e con il suo acciarino diede loro fuoco, finchè non furono ridotte in cenere. Raccolse nelle mani la polvere ottenuta, si avvicinò alla fonte, alzò al cielo le mani colme di cenere perché venisse benedetta, recitò certe preghiere e certe formule magiche e poi, girando lentamente intorno alla fonte, sparse a pioggia la cenere nell'acqua.
La reazione fu quasi immediata: inizialmente l'acqua della fonte si intorbidì ancora di più ed emise bolle più grandi che scoppiavano a contatto con l'aria emanando un odore nauseante; poi piano piano questo sobbollimento si quietò e gradatamente l'acqua tornò limpida e pura.
Merlino si specchiò, e l'acqua gli diede la risposta che cercava. Così il mago seppe che tutto era tornato a posto e, con Anacleto sulla spalla, tornò alla sua capanna nel centro della foresta.
"Hai imparato o dedotto qualcosa, Anacleto?" chiese Merlino.
"Si. Sembrava un disastro ma lo hai riparato. Sei stato bravo. Ho capito che:
"non esiste danno che non possa essere riparato con un po' di conoscenza/saggezza, buona volontà e amore/dedizione".

4 - Quello che semini raccogli

"Ciao, Gloria, benvenuta! Oggi devi ascoltarmi molto attentamente perché quello che ho da raccontarti riguarda un insegnamento-base di uno dei più grandi Maestri che l'umanità abbia avuto.
Siediti e mettiti tranquilla... e ascolta.

In una valle rigogliosa e abitata da animali di molte specie c'era un volpone che per ingrassare a dismisura la sua famiglia, anzichè accontentarsi del giusto numero di prede necessarie alla loro sopravvivenza, con metodi volpini furbeschi catturava piccoli animali in eccesso e li rinchiudeva in una grotta di cui nessuno, tranne la sua famiglia, conosceva la dislocazione.
Erano soprattutto cuccioli, di varie specie. Al freddo, al buio i piccoli piangevano e si lamentavano, invocando la loro mamma.
Ma il volpone se ne infischiava: "Il mio interesse prima di tutto, il mio e quello della mia famiglia, tutti gli altri non contano."
E li nutriva il minimo necessario per tenerli vivi e perché non deperissero troppo.
Molti morivano di dolore.
Ma lui non se ne curava e aumentava ancora di più la sua caccia "di frodo".

Disegno condiviso da BobSongs
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Non si rendeva conto che in questo modo stava intaccando l'equilibrio naturale e creando uno scompenso che prima o poi avrebbe dovuto essere sanato: questa situazione non poteva durare a lungo, perché la legge naturale (*) dice che prima o poi la sofferenza che procuri torna indietro...
Così un giorno arrivò un branco di lupi che accusò il volpone di razziare talmente tanto da aver creato uno squilibrio nella loro valle.
"Non è vero!" - protestò il volpone - "Tutti gli animali che dite che ho cacciato di frodo ho visto che se ne sono andati dalla valle in cerca di un posto migliore."
I lupi sapevano benissimo che stava mentendo ma, non sapendo dove tenesse prigioniere le sue prede, finsero di credergli, e gli imposero:
"Visto che sai in che direzione sono andati, accompagnaci a cercarli e a convincerli a tornare qui! Spiegheremo loro che alcuni diventeranno prede, come è nella legge naturale (**), ma che molti potranno sopravvivere e condurre la loro vita giusta, per poter portare alla fine le loro esperienze ad arricchire le rispettive Anime-Gruppo."
Così lo costrinsero, pena essere preso a morsi, a uscire dalla valle per cercare i dispersi. Vai e vai, naturalmente non li trovarono.
Il volpone, a furia di camminare in zone accidentate si ritrovò con le zampe sanguinanti e col branco di lupi alle calcagna che gli mordevano il didietro se rallentava. Non ne poteva proprio più.
Alla fine dovette cedere e confessare che sì, li aveva catturati lui e li teneva prigionieri in una grotta. I lupi volevano azzannarlo, ma non sapendo dov'era la grotta dovettero soprassedere.
Il volpone abbassò la testa e chiese umilmente perdono: "Vi porterò da loro"
Vedendolo così abbattuto e umiliato i lupi capirono che il volpone si era comportato in quel modo perché aveva perso la connessione con la grande Legge, e questo faceva di lui un deviato e un infelice.
Tornarono nella valle ed andarono alla grotta, seguiti da uno stuolo di altri animali, soprattutto le madri che avevano perso i loro piccoli.
Degli animali prigionieri nel frattempo si era occupata la moglie del volpone, complice della sua disonestà.

Disegno condiviso da j4p4n
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Recuperati i piccoli, gli animali inferociti volevano uccidere il volpone che tanta sofferenza aveva procurato, ma si resero conto che sarebbero passati loro dalla parte del torto perché la legge (della giungla) dice che "Tu uccidi solo per mangiare o per non essere mangiato"
Il volpone e la sua famiglia diventarono lo zimbello della valle, soprattutto delle altre volpi che li accusarono di aver portato onta alla loro specie.
Il volpone confessò (***) loro il suo "peccato" e professò il suo pentimento, chiedendo perdono per la cattiva nomea che aveva portato alla loro specie, e piano piano tutto tornò in equilibrio nella valle, e il volpone fu nuovamente accettato nella famiglia allargata delle volpi, dopo la solenne promessa di non comportarsi mai più in quel modo, ma di rispettare la legge della natura, che mantiene in equilibrio tutte le specie.

Allora, Gloria, ti è piaciuta questa storia?"
"Si, molto. Appena tornerò a casa la scriverò e appena possibile la pubblicherò.
Ma secondo te, bisogna dire la verità sempre, sempre, sempre?"
"Io credo che l'unica eccezione sia quella che viene cantata in una delle vostre opere più amate (****): La bugia pietosa al medico è concessa... medico del corpo o dell'anima, naturalmente..."
"Grazie, Anacleto. Ti voglio bene. A presto"

(*) - "Quello che semini raccogli" (Gesù), ovvero la legge del Karma.
(**) - "Tu uccidi solo per mangiare o per non essere mangiato", dal film "Mowgli, il libro della giungla."
(***) - "La verità ti farà libero": uno degli insegnamenti di Gesù.
(****) - La Traviata di Giuseppe Verdi

5 - Chi trova un amico trova un tesoro

"Ciao Anacleto, come stai?"
"Ciao Gloria, oggi non sto molto bene. Ieri c'è stata una raffica di vento fortissima che mentre volavo mi ha sbattuto contro un albero. Mi sono incrinato leggermente l'osso di un'ala, che per fortuna non si è spezzata, se no sarei proprio nei guai. Però per qualche giorno non posso volare, devo rimanere fermo ad aspettare che il trauma passi."
"Allora non puoi cacciare! Avrai fame! Vado a comprare un po' di pollo crudo a pezzetti. Ti va bene?"
"Si, grazie, amica mia!"
In capo a un paio d'ore Gloria è di nuovo lì, e prova un gran piacere a vedere come Anacleto gradisce i pezzetti di pollo che lei gli porge.
"Grazie! Avevo proprio fame!"
"Domani te ne porterò ancora, e poi ancora, finchè non sarai tornato perfettamente a posto. Siamo amici, vero? E tra amici ci si aiuta!"
"Grazie, cara. E' proprio vero che chi trova un amico trova un tesoro!

A questo proposito ti racconto un fatto che potrai riportare sul tuo libro.
C'era una volta un paperotto che si era disperso: non era riuscito a seguire in acqua la nidiata dei suoi fratellini dietro a Mamma Papera, ed era rimasto, solo e spaventato, sul bordo del lago, a piangere e a chiamare, ma la sua famiglia ormai era lontana e non lo sentivano. Non sapeva cosa fare.
Lì vicino aveva la tana una famiglia di volpi, e facilmente sarebbe diventato un bel boccone per loro.
Non era un piccolo di cigno nato nel posto sbagliato, come racconta un'altra nota storia tradizionale, era proprio solamente un paperotto sperduto.

Disegno condiviso da johnny_automatic
(openclipart.org/detail/2964/baby-duck).

Ma una coppia di cigni che nuotava nel lago lo vide. Gli si avvicinarono e provarono pietà per lui.
In quel momento non avevano piccoli da accudire, così decisero di adottarlo.
La femmina si avvicinò quanto più poteva alla riva e propose al paperotto di "saltarle in groppa", per poterlo portare attraverso il lago come avrebbe fatto con un suo piccolo. Il paperotto si fece coraggio e saltò. Si accomodò tra le piume calde della schiena del cigno, che lo portò al largo, gli insegnò a nuotare e a nutrirsi. Così piano piano il paperotto potè crescere, sicuro e forte, sotto le ali protettive dei suoi amici-genitori adottivi.

Disegno condiviso da francesco_rollandin
(openclipart.org/detail/25510/architetto-cigno-di-spalle).

Quando divenne adulto e venne il momento di andarsene a formare una sua famiglia, i tre si salutarono calorosamente.
Ma la loro amicizia non finì lì: il papero, ora con una sua compagna e una sua famiglia andò spesso a trovare i suoi amici salvatori, e in quelle occasioni giocava con i piccoli cigni che erano nati nel frattempo; a volte portava con sè anche i suoi piccoli, perché giocassero tutti insieme.

Anche tra noi ci sarà sempre amicizia, vero?"

"Sempre, sempre! Saremo sempre uno nel cuore dell'altro, sia quando ci vedremo, sia quando saremo lontani: saremo sempre un vero tesoro l'uno per l'altro!"

6 - Chi ben chiude ben apre

"Ciao Anacleto, che fatica ho fatto per venire qui oggi!" - esclamò Gloria - "Stavolta non è il pantano, ma è la neve. Ho dovuto nuovamente mettere gli stivaloni di gomma imbottiti.
Ma non mi sarei persa per nessun motivo l'incontro con te, e poi ti ho portato del cibo: non sei ancora a posto bene con l'ala, e inoltre con questo tappeto di neve sarebbe più difficile per te cacciare!"
"Sei proprio un tesoro, grazie.
Con questo freddo oggi dobbiamo scaldarci il cuore con una bella storia, eccola:

Una casa di campagna, un camino acceso, due gattini davanti alle fiamme, sono vicini, si leccano e fanno le fusa (*).

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(openclipart.org/detail/203301/gatinhos).

Sono due fratellini, di poco più di sei mesi, lui è nero, lei è bianca. Sono stati tolti dalla loro mamma e donati a Sara, una bambina di 12 anni che li ama molto.
Sara non può camminare: ha perso l'uso delle gambe quando era ancora piccola, per una brutta caduta che le ha leso la spina dorsale, e ora passa dal letto alla sedia a rotelle. Era molto triste, piangeva sempre ma ora, da quando un paio di mesi fa le hanno portato i gattini ha ritrovato il sorriso.
"Bianchina, Nerino, venite qua da me". Subito i due gattini smettono di coccolarsi, corrono da Sara e le saltano in grembo. Lei li accarezza, loro fanno le fusa e la leccano.
A un certo punto da un buco spunta nella stanza un grosso topo. Sara si mette a urlare: non si può muovere, si sente impotente. I topi la terrorizzano da quando, tempo prima, già sulla sedia a rotelle, ha assistito, impotente, alla scena di un topo che aveva aggredito il fratellino ancora in fasce che la mamma aveva lasciato momentaneamente su un tappeto sul pavimento mentre andava ad aprire alla porta. Non era poi successo niente perché la mamma era tornata subito e aveva cacciato il topo, ma per Sara era stato un vero shock.
I due gattini, pur ancora piccoli, ma già con l'istinto di caccia, saltano giù dalle ginocchia di Sara e si lanciano contemporaneamente sul topo. Con una mossa coordinata lo bloccano, lo immobilizzano.
Nel frattempo le urla di Sara hanno richiamato la mamma, abituata a scene del genere, che in campagna non sono insolite e che, con in mano una grossa scopa, riesce a cacciare il topo fuori di casa. Poi abbraccia la figlia e la consola.
"Sono loro che mi hanno salvata!" geme Sara.
La mamma li accarezza con gratitudine e... dà loro una dose extra di croccantini.
Dopo aver mangiato con soddisfazione i due mici saltano nuovamente sulle ginocchia di Sara e si addormentano, sazi e beati, sotto le sue delicate carezze."

"Oh, Anacleto, che bella storia mi hai raccontato! Io amo molto i gatti, e ne ho sempre avuti qui con me, fino a un paio di anni fa quando l'ultima, Briciola se ne è andata nel paradiso del gatti, e fino ad ora non ne è arrivato un altro (io aspetto che siano loro a venire da me, non li prendo di mia iniziativa...)
La tua storia mi ha proprio scaldato il cuore"

"Sai, Gloria, c'è un detto: Chi ben chiude, ben apre.
Vedrai che, come hai condotto e chiuso bene la vita con Briciola, presto arriverà un altro gatto, quello giusto per te, a "scaldarti il cuore" e ad aprire un nuovo capitolo della tua relazione "gattina".
Ti voglio bene."

(*) - Come quelli della canzone del Duo Fasano al Festival di Sanremo del 1952
          (www.youtube.com/watch?v=ArnOpgbhsSU).

7 - L'unione fa la forza

"Ciao Anacleto, come va? Sei guarito?"
"Si, Gloria, grazie, mi sono ristabilito perfettamente. Inoltre la neve si è sciolta, oggi è una bellissima giornata e mi sento tutto ringalluzzito... o dovrei dire ringufito...!"
"Sei proprio simpatico. Sai essere spiritoso!"
"Sai, l'umorismo è una qualità molto importante per la saggezza, saper sorridere delle difficoltà, ma soprattutto di se stessi non prendendosi troppo sul serio. Questo mantiene l'equilibrio."
"Bene, allora cosa mi racconti oggi? Qual è il tuo messaggio, il tuo insegnamento?"
"Ti racconto una storia, quella della Donnola prepotente.

C'era una volta una donnola molto piena di sè, che si credeva la più brava, la più intelligente, la più furba, la più potente, la più, la più... di tutte le altre donnole del territorio, e forse anche oltre...
In realtà era solo molto prepotente (e quasi sempre la prepotenza maschera delle gravi carenze a livello dell'anima).
Si faceva chiamare Donnola Dòmina, e in effetti riusciva a dominare tutte le altre che, un po' per il quieto vivere, un po' per ignavia, le permettevano di fare il bello e il cattivo tempo nella valle.
La cosa stava andando avanti da tempo. Le nuove donnole che nascevano vedendo il comportamento remissivo dei loro genitori (*) si adeguavano e permettevano a Donnola Dòmina di dominarle, come le altre, e questo la rafforzava sempre di più nella sua prepotenza.
Finchè un giorno Donnola Dia, che era arrivata veramente all'esasperazione a causa delle angherie subite in continuazione, ricevette dalla sua anima uno di quei messaggi che ti ribaltano la vita: sognò che affrontava un basilisco e riusciva ad ucciderlo. Questo la rese consapevole del grande potere che aveva dentro di sè e che non aveva mai usato.

Miniatura di un basilisco attaccato da una donnola
(it.wikipedia.org/wiki/Basilisco_(mitologia).
Immagine di pubblico dominio
(bestiario scozzese del XII secolo: abdn.ac.uk/bestiary/ms24/f66r).

Inoltre si svegliò da quel sogno con un canto nelle orecchie: "Chi dice donnola dice dannolo, chi dice donnola dice dannolo..."(**).
Fu per lei un'illuminazione. Di colpo si rese conto della portata della situazione anomala che regnava nella valle e, continuando a canticchiare tra di sè la canzoncina per darsi coraggio, convocò a riunione tutte le altre donnole (ovviamente all'oscuro di Donnola Dòmina). Con parole accese, che provenivano dal suo Cuore Sacro mise in evidenza l'ingiustizia che si stava perpetrando.
Le altre donnole all'inizio tentennarono: spesso è più comodo fare lo struzzo che iniziare una battaglia per risolvere una situazione stagnante; ma Donnola Dia seppe dire delle parole così accese, seppe infondere tanto coraggio, che alla fine riuscì a scuotere le compagne.
Crearono una delegazione con a capo Donnola Dia che andò da Donnola Dòmina e con forza e serenità allo stesso tempo, mosse dal giusto senso di sovranità individuale, le dissero che "o abbassava la cresta" oppure doveva andarsene dal territorio.
Donnola Dòmina si infuriò oltre misura, cominciò a battere le zampe a terra, a minacciare, ma... che armi aveva oltre la sua futile presunzione?
"Vi denuncio!..." urlò Dòmina... ma a chi e per quali crimini?
L'unione fa la forza, e certo lei non poteva competere con la forza del gruppo.
Così, scornata e umiliata, con la coda fra le gambe dovette andarsene... a cercare qualcun altro da vessare.
E da quel giorno nella zona tornò a regnare l'equilibrio e la giusta autonomia di ognuno."

(*) "...chi compie il torto non può farlo senza il volere nascosto di voi tutti [...] Né il giusto è incolpevole degli atti del malvagio", da Il Profeta - La colpa e il castigo, di Khalil Gibran
(**) Il proverbio originale, a dire il vero poco simpatico, è "Chi dice donna dice danno".

8 - Cuor contento il ciel l'aiuta

"Ciao, Anacleto, eccoci qua di nuovo a sondare i casi della vita.
Mi sono persa le prime due pagine dei proverbi, la A e la B: allora oggi vediamo la C. Per esempio cosa ne dici di: "Cuor contento il ciel l'aiuta"?".

"Ciao Gloria, mi sembra un ottimo tema.
Mi fa pensare al topino che, dopo una folle corsa per sfuggire a un predatore, si era ritrovato in un posto completamente sconosciuto per lui. Tra l'altro aveva attraversato dei rigagnoli, per cui l'acqua gli aveva fatto perdere le tracce del percorso, e non era più in grado di tornare sui suoi passi.
Era disperato, anche perchè nella sua tana c'erano sua moglie e i suoi piccoli che lo aspettavano.

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(openclipart.org/detail/12487/mouse).

Non si diede per vinto. Era un topino molto ottimista e gioioso di natura, e anche nelle situazioni più drammatiche conservava la speranza e la fiducia.
Pregò il Dio dei topi. Gli chiese un segnale per poter ritrovare la via di casa.
Ringraziò per tutti i doni che la vita gli aveva fatto fino a quel momento, e in particolar modo di essere stato aiutato a sfuggire al predatore, di cui non c'erano più tracce. E, fiducioso, rimase fermo ad attendere la risposta.
Lui era certo del fatto che "Chiedete e vi sarà dato", per cui ripetè con animo risoluto la sua richiesta di aiuto.
Poco dopo in cielo comparve una rondine che con le sue grida gioiose sembrava proprio che si rivolgesse a lui: "Seguimi, segui la mia direzione!".

Disegno condiviso da oksmith
(openclipart.org/detail/298599/swallow).

Il topino sentì risuonare profondamente dentro di sè il richiamo della rondine, e si mise a correre seguendo il volo della dolce amica.
La strada che la rondine gli indicava non era quella che lui aveva percorso fuggendo: aveva dei tratti più difficili, ma certamente era la più diretta.
Infatti la rondine non si preoccupava del percorso terrestre accidentato, lei volava dritto nella giusta direzione. Il topino si spellò un po' le zampe, ma accettò di buon grado le asperità del percorso e in men che non si dica si ritrovò in una zona conosciuta del suo territorio.
Ringraziò la rondine, che con trilli gioiosi se ne andò per la sua strada, e in un battibaleno ritrovò la sua tana.
Trovò la sua famiglia, che si era molto preoccupata per la sua insolita lunga assenza, e raccontò loro l'avventura che gli era occorsa.
La moglie lo abbracciò: "Tutto è bene quel che finisce bene" esclamò. "Ora sei nuovamente qui con noi e possiamo riprendere la nostra vita gioiosa insieme. E' molto bello quello che ti è successo, è stato un vero e proprio aiuto del cielo!".
E gli diede un pezzetto di formaggio che aveva conservato per lui.

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9 - A mali estremi estremi rimedi

"Ciao, Anacleto, ho ritrovato le due pagine smarrite. Allora oggi vediamo la A.
Per esempio "A mali estremi estremi rimedi". Cosa ti fa pensare?"

"Ciao, Gloria. Mi viene da pensare a un periodo che pioveva tantissimo. Tutto era allagato. Quasi tutti gli animali terricoli erano fuggiti, riparandosi in posti più elevati. Quelli che potevano si erano rifugiati sugli alberi. Ma qui non trovavano sufficiente cibo, e stavano per morire di fame tutti quanti.
Non sapevano più cosa fare. Quelli che sapevano nuotare, come i bradipi, scendevano e cercavano di emigrare. Le rane se la spassavano. Ma gli scoiattoli erano disperati, disperati e affamati. Sapevano che in altri posti il cibo abbondava, mentre lì le scorte che avevano fatto erano finite sott'acqua e perciò irraggiungibili.
Uno scoiattolo ricordò che una volta aveva visto un suo simile "volare", da un ramo all'altro. Però quello aveva delle membrane sul fianco che univano le zampe anteriori con quelle posteriori e che gli permettevano di planare.

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(openclipart.org/detail/319051/jumping-squirrel-silhouette-remix).

Chiamò a raccolta i suoi amici e spiegò loro cosa bisognava fare: l'uno con l'altro con i denti avrebbero dovuto tirare la pelle dei fianchi fino a farla diventare una membrana atta al volo.
Era un'operazione dolorosa, ma era l'unico modo per poter uscire da quella "empasse". E così per giorni gli scoiattoli l'uno con l'altro tirarono la pelle fino a riuscire a creare la membrana. Poi salirono sulla cima alta dell'albero e da lì, con molto coraggio, il più temerario si lanciò. Uno alla volta anche gli altri lo seguirono, lanciandosi "volando" fuori dal terreno paludoso, verso la collinetta vicina che non era stata invasa dall'acqua. E così si salvarono.
In capo a qualche settimana la membrana tirata fuori a forza piano piano si ritrasse e gli scoiattoli "volanti" non poterono più volare. Ma nel frattempo era tornato il sole che aveva asciugato il terreno, e così la vita potè riprendere come al solito, e gli scoiattoli ebbero anche accesso ai buchi dove in precedenza avevano seppellito le loro scorte di cibo."

10 - Bisogna fare buon viso a cattivo gioco

E ora la B: "Bisogna fare buon viso a cattivo gioco".

Nella foresta era arrivato un branco di lupi che stava facendo man bassa delle piccole creature indifese. Non erano cattivi, i lupi, ma erano affamati; così per lepri, conigli, cuccioli di daini e di cerbiatti, roditori di ogni tipo la vita si stava facendo dura e pericolosa.

Disegno condiviso da Lantaire
(openclipart.org/detail/149617/wolfes).

Si riunirono in concilio e chiesero all'Anima della foresta come poter sostenere quella situazione anomala.
"Mi dispiace, piccoli miei, ma è la legge della natura a cui tutti devono sottostare: "Tu uccidi per mangiare o per non essere mangiato". Ma voi non sapete uccidere, siete dei miti. Dovete accettare questa situazione.
Questi lupi sono emigrati qua da un territorio che era stato reso sterile da una caccia eccessiva degli esseri umani, non avevano di che sfamarsi. E qui hanno trovato il "Bengodi".
Ma quando avranno saziato la loro fame arretrata tutto si risistemerà nell'equilibrio naturale. Qualcuno di voi deve per forza essere sacrificato."

Modifica di un disegno condiviso da mvolv
(openclipart.org/detail/327537/cute-animal-banner).

Tutti i piccoli se ne andarono mogi e spaventati. Avevano sperato in una soluzione diversa, ma l'Anima della foresta era stata chiara.
Si rassegnarono. Molti vennero uccisi e mangiati, alcuni si salvarono, e alla fine si ristabilì l'equilibrio dove solo il soprannumero veniva sacrificato e tutte le specie della foresta poterono ritrovare la loro espansione naturale.

11 - Vedi la pagliuzza nell'occhio del fratello
e non vedi la trave nel tuo

"Adesso lasciamo perdere l'alfabeto e andiamo a ruota libera. Oggi ti voglio parlare della Nutria Gentile, che ti dimostrerà come un essere pacifico a volte può toccare anche il cuore più insensibile.

Lungo un canale artificiale, dietro a un grosso tronco di un albero caduto in acqua viveva una famiglia allargata di nutrie, "anziani", "mediani" e anche piccoli ormai abbastanza cresciuti.
Se ne stavano quasi tutto il tempo nella tana dietro al tronco, poi quando arrivava qualcuno a gettare loro pezzi di pane secco, buono per i loro grossi denti arancione, venivano fuori tutte insieme nuotando, e le piccole litigavano con le altre per accaparrarsi i primi pezzi gettati in acqua, senza capire che tanto ce n'era per tutte; infatti chi veniva a nutrirle (lo dice il nome stesso, la nutria deve essere nutrita!) era stato previdente perchè nessuna rimanesse senza.
Le più aggressive (si fa per dire, perchè l'unica aggressività in loro, miti animali vegetariani, consiste nell'emettere forti lamenti e nel cercare di sottrarre il cibo alle altre) erano le più piccole perchè, come aveva detto un giorno un passante, non erano ancora andate "a scuola di cibo". Ma con il tempo avevano capito anche loro e le contese si erano fatte sempre più rare.
In particolare ce n'era una tra le più grosse, con il pelo quasi nero (il loro colore va dal marrone chiaro al nero), che in qualche modo percepiva in anticipo l'arrivo del "nutritore" e lo aspettava seduta sul tronco. Poi quando lui si avvicinava al parapetto della sponda entrava in acqua e si avvicinava guardandolo, pronta a prendere il primo pezzo di pane in arrivo.
Era un animale molto dolce, non avrebbe mai fatto del male a nessuno.
Ma si sa come sono gli umani, secondo molti di loro le nutrie sono dannose perchè "rovinano gli argini", e non valutano di contrapposto quanti veri danni ha fatto e continua a fare alla natura la razza umana.
E' un po' come è stato detto da Qualcuno circa 2.000 anni fa: "Vedi la pagliuzza nell'occhio del fratello e non vedi la trave nel tuo" (gli animali non sono forse i fratelli minori degli umani, che dovrebbero avere il compito di assisterli e stimolarli nella loro evoluzione?).
Così un giorno qualcuno mise una trappola con del cibo. La nutria, ingenua, entrò nella trappola, che si chiuse alle sue spalle impedendole di uscire.
Ma lei non si lamentò, non si agitò, rimase buona buona, accucciata in fondo alla trappola, e quando l'uomo andò per prenderla, con l'intenzione di farle chissà cosa, lo guardò con uno sguardo talmente dolce, mansueto e amorevole che l'uomo si sentì toccato nel profondo: al cuore non si comanda, non ebbe il coraggio di farle del male, e la liberò.
Così ora la Nutria Gentile dal pelo nero è tornata nel canale ad aspettare tutta contenta l'amico umano che ogni tanto porta il pane secco da sgranocchiare."

Foto condivisa da Rolf Dietrich Brecher
(commons.wikimedia.org/wiki/File:Bisam_(32647214686).jpg).

12 - Arrendersi all'evidenza

"Ciao Anacleto, ben trovato!".
"Ciao, Gloria, ben arrivata! Oggi ti voglio raccontare una storia che riguarda il Regno Vegetale. Sì, perchè non solo il Regno Animale ha una coscienza e una voce, ma ce l'hanno anche i vegetali: tutto è vivo e cosciente su questa Terra!

Ti parlo dell'albero che si era dimenticato di perdere le foglie.
Siamo ormai alle porte delle inverno, fa già freddo da tempo: in un boschetto di alberi a foglie caduche, tutte le piante sono ormai spoglie, aprono i loro rami nudi verso il cielo, sono tutte entrate nello stato di riposo vegetativo... tranne una, che chiameremo Gisella.
Mentre tutte le sue compagne erano state attente al tempo e, ai primi freddi, avevano lasciato che le loro foglie ingiallissero, si accartocciassero e cadessero, rimanendo "nude", Gisella si era "imbambolata" e non aveva seguito il percorso naturale delle altre.
Continuava a guardare le sue foglie, a parlare loro e a tenerle strette a sè, perchè in fondo le considerava come figlie sue e non voleva che si allontanassero da lei.
Così arrivò dicembre e Gisella aveva ancora quasi tutte le sue foglie verdi attaccate ai rami. Qualcuna era caduta, ma lei non se ne era preoccupata perchè la maggior parte si teneva ancora stretta alle "braccia" della mamma.
Le sue compagne intorno le chiedevano: "Gisella, cosa fai con tutte le tue foglie ancora attaccate a te? Guarda che è ora di lasciarle andare per poterti poi addormentare e rinnovarti, preparandoti a rinverdire per la nuova stagione. Vedi che tutte noi siamo spoglie".
Ma Gisella non voleva sentire ragioni: "Le mie foglie sono mie e me le tengo!".
E così andò avanti ancora per qualche tempo.
Le piante spoglie si addormentarono e non patirono i rigori invernali in arrivo.
Una mattina di fine dicembre, ormai in pieno inverno, Gisella si svegliò e vide che tutte le sue foglie erano coperte di brina e di ghiaccio. Chiedevano aiuto, pregavano che qualcuno le togliesse dalla morsa gelata che le aveva avvolte.
Gisella le guardava sconvolta, senza poter fare nulla per loro.
Con grande dolore vide che una per una lentamente si staccavano e cadevano.
Nel giro di poche ore si ritrovò spoglia come le sue vicine. Le chiamò, sperando che potessero darle un po' di conforto, ma ormai tutte le altre piante dormivano della grossa, e si sarebbero svegliate solo a primavera.
Gisella si sentì sola e sconsolata. Nessuno intorno che potesse accogliere e compatire il suo dolore, nessuno che la potesse comprendere.
Pianse un po'. Poi, visto che non poteva fare altro, si arrese all'evidenza della situazione: lentamente si addormentò e andò a raggiungere le sue compagne nel mondo dei sogni, dove tutte si stavano scaldando ai raggi del sole primaverile ed erano circondare da farfalle multicolori, mentre gli uccellini facevano il nido sui loro rami già carichi delle foglie nuove.
Gisella si mise a sognare insieme a loro, dimentica dello stress appena subìto, arresa alla legge naturale delle stagioni... tra le braccia amorevoli di Madre Natura."

Disegno di Delia.

13 - Ci sono più cose in cielo e in terra...

"Ciao Anacleto, ma secondo te anche le pietre parlano?".
"Ciao Gloria, un po' repentina questa domanda appena arrivata qui!
Ti preme molto questo argomento, vero?
Dire che le pietre "parlano", forse è un po' eccessivo. Certo, anche loro comunicano, a modo loro, e cercano di ottenere quello di cui hanno bisogno.
Per esempio i cristalli di quarzo amano il sole, perchè li colma di energia.

Una volta una persona che conosco, che aveva appena seguito un corso di cristalloterapia, dove le era stato insegnato che i cristalli di quarzo si "ricaricano al sole", aveva portato al mare alcune punte grezze di quarzo jalino (cristallo di rocca), le aveva tenute per un po' nell'acqua salata per "purificarle" (come da indicazioni ricevute nel corso), mettendole dentro a una retina, quelle che si usano per i pesci, poi le aveva messe ad asciugare su un sasso vicino a lei, e si era assopita al sole.
Dopo un po' si è risvegliata e ha guardato i suoi cristalli: ne mancava uno. Come era possibile? Non c'era nessuno intorno, nè umani, nè animali che potessero aver manomesso i cristalli. E se qualcuno si fosse avvicinato mentre sonnecchiava avrebbe fatto rumore sui sassi e lei se ne sarebbe sicuramente accorta! E poi a che pro spostare un cristallo?
Dopo essersi lambiccata il cervello per un po', guardando il sasso sottostante ha visto lì il piccolo cristallo mancante, messo in una posizione anomala, con la punta dritta verso il sole al tramonto (e, a detta di questa persona, molto sensibile, forse anche sensitiva, il piccolo quarzo aveva l'aria molto soddisfatta, come se dicesse "ce l'ho fatta"!).
Com'è stata possibile una cosa del genere? I cristalli non hanno gambe. La pietra su cui erano stati posti i cristalli era perfettamente piatta e anche un po' ruvida, quindi non poteva assolutamente essere scivolato giù.
Poteva forse aver fatto un balzo usando la sua energia interna? Ma poi la posizione perfettamente allineata al sole... Mistero!!!
Viene da pensare alla frase di Shakespeare: "Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia"
("There are more things in heaven and earth, Horatio, than are dreamt of in your philosophy" - W. Shakespeare, Hamlet)".

Foto condivisa da Delia.

14 - La fortuna aiuta gli audaci

"Ciao, Anacleto, stai bene?".
"Ciao Gloria, si, sto bene. E a te sono passate le ansie di sapere cose strane?".
"Si, mi sono data una calmata. Infatti volevo proporti di tornare agli animali, con i quali la comunicazione è più facile e comprensibile.
A parte le storie di coloro che "sussurrano ai cavalli", sui quali hanno fatto dei film, anni fa ho letto un libro che mi era piaciuto tanto: "Da cuore a cuore"(*), dove a un certo punto si parla di una cosa che mi ha colpito profondamente.
Ti ricordi Free Willy, l'orca che è stata la protagonista di diversi film?
L'autrice del libro aveva preso contatto telepatico con lei quando, finite le riprese, pur essendo stata liberata, continuava a tornare nella baia dove avevano girato i film. Alla domanda sul perchè lo faceva, Free Willy ha risposto che non riusciva più ad adattarsi alla vita selvatica, che non le piaceva stare con le altre orche e che continuava a tornare anche quando la portavano lontano perchè "voleva stare con gli umani". Mi ha molto commosso questa vicenda".

"Molto bello e commovente! Ti racconto un'altra storia commovente sull'amicizia, più vicina, più "piccola" e più immediata:

C'era un gattino a cui piaceva molto giocare con le farfalle.
Tutte le mattine, dopo aver mangiato, andava in giardino a cercarle e appena ne vedeva una la rincorreva con grandi salti, tutto gioioso.

Modifiche a un disegno condiviso da GDJ
(openclipart.org/detail/228103/butterfly-painting).

All'inizio le farfalle avevano paura di lui, pensavano che volesse mangiarle, ma poi pian piano si resero conto che lui voleva solo dei compagni di gioco e così impararono a fidarsi e a giocare a rimpiattino con lui.
Un brutto giorno arrivarono dei bambini con dei retini e si misero a rincorrere le farfalle con l'intenzione di catturarle per la loro collezione: questo voleva dire che le avrebbero trafitte e messe in teche di vetro, per poi mostrarle agli amici quando fossero venuti a trovarli. Qualcuna venne presa e trafitta li per lì, qualcuna riuscì a scappare. Ci fu un parapiglia.
Il gattino era allibito: perchè mai volevano catturare ed uccidere le sue amiche, che non facevano male a nessuno, ma rendevano più bello il cielo con i loro voli variopinti? Proprio non capiva. E non era neppure per mangiarsele, come ogni tanto faceva un piccolo gecko che abitava lì vicino.

Modifiche a un disegno condiviso da papapishu
(openclipart.org/detail/36943/gecko).

Ma si sa, la pancia va riempita, al gecko nessuno dava i croccantini come a lui, quindi bisognava portare pazienza.
Invece questo proprio no, proprio non poteva tollerarlo.
Timido e mite com'era, sentì montare rabbia e indignazione e, quasi fosse diventato una piccola tigre, si avventò, con le unghie fuori, simili ad artigli, sui bambini invasori e cominciò a graffiarli dove gli capitava.
Lo presero a calci per allontanarlo, ma lui non era tipo da demordere: continuò a difendere strenuamente le sue amiche rimaste e, poichè la fortuna aiuta gli audaci... i bambini, vista la sua risolutezza, pensarono che era meglio andare a cercare le farfalle da un'altra parte (proprio non avevano capito la lezione: gli umani, grandi e piccoli, si sa, sono parecchio cocciuti).
Le poche farfalle rimaste piano piano si ripresero dalla brutta avventura che era loro capitata, si ripulirono le ali per poter volare meglio e... ripresero a giocare con il loro piccolo amico."

Disegno condiviso da oksmith
(openclipart.org/detail/334888/kitten-and-butterfly).

(*) "Da cuore a cuore. Comunicazione con gli animali", di Ida Caruggi.

15 - Un bel gioco dura poco

Nella "giungla nera" indiana c'era una volta una tigre a cui non bastava più sentirsi la regina, la più forte, la più temuta tra gli abitanti del suo "regno": voleva anche avere tutti sotto controllo.
Così fece un censimento e creò un elenco degli animali presenti nella giungla, e diede a ognuno un compito preciso.
Ogni mattina faceva chiamare tutti a raccolta in uno spiazzo nel centro della foresta, si sedeva sul suo "trono", faceva l'appello e chiedeva a ognuno se aveva svolto bene il suo compito.
All'inizio gli altri animali si divertirono a questa novità, anche perché finché la tigre giocava il suo ruolo di contabile nessuno era in pericolo, e ognuno cercava di fare il suo meglio per soddisfare i suoi capricci, ma alla lunga cominciarono a stufarsi, perché dicevano che "un bel gioco dura poco". Però avevano paura di lei, temevano che se non fossero stati ai suoi voleri si sarebbe arrabbiata e di loro ne avrebbe uccisi più di quanto era normale e giusto per la legge della giungla.

Disegno condiviso da j4p4n
(openclipart.org/detail/334882/reading-tiger-colour-remix).

Allora, per sfuggire a quello che stava diventando un tormento, uno per volta cominciarono a darsi malati, a non andare alla riunione mattutina, facendo dire agli amici: "Ha male alla pancia", "Si è azzoppato", "Ha il torcicollo", "Gli è venuta la sciatica"...
Ma era una cosa capillare e non era sufficiente.
Qualcuno ebbe un'idea geniale. Inventarono che molti animali avevano preso un virus, contagiosissimo, per cui si stava molto male e si rischiava di morire.
La tigre ci credette e si spaventò; cominciò a pensare che se quel virus era così pericoloso, avrebbe potuto prenderlo anche lei divorando qualcuno che era stato contagiato, e avrebbe rischiato di star male e di morire.
Buttò via il suo caro elenco e se ne andò, quatta quatta, via da quella parte della giungla così pericolosa (come le avevano fatto credere), a cercare un altro territorio di caccia non contaminato e quindi non a rischio.
Così gli animali senza volerlo avevano preso, come si suol dire, "due piccioni con una fava" (anche se lì non c'erano né piccioni né fave), perché in un colpo solo si erano liberati sia del fastidioso rito mattutino, ma più ancora della "regina noiosa e divoratrice" (anche se sapevano benissimo che prima o poi ne sarebbe arrivata un'altra - in natura i "vuoti" vengono riempiti velocemente).

Disegno condiviso da j4p4n
(openclipart.org/detail/333456/orange-tiger).

16 - Il "diverso" può essere una risorsa

"C'era una volta un piccolo elefante rosa che, oltre il colore della sua pelle, diverso dagli altri, aveva anche due altre particolarità: la coda a pennello e la punta della proboscide molto grossa e a forma di cuore.
Gli altri elefanti giovani lo prendevano in giro per queste sue caratteristiche (gli anziani no perché erano saggi): spesso i giovani sono cattivelli e intolleranti, e tendono all'uniformità di gruppo che non accetta il diverso.
L'elefantino soffriva molto di questa esclusione e se ne stava quasi sempre da solo, solo e triste, si consolava mangiando fiorellini, che gli addolcivano un po' l'amarezza che sentiva nel cuore.

Immagine condivisa da Marcin Sacher
(openclipart.org/detail/331373/pinky).

Un giorno successe che una casa isolata, situata al limite della foresta prese fuoco. Erano tutti disperati, anche perché si temeva che l'incendio potesse propagarsi alle piante limitrofe, e poi all'intera foresta, il che sarebbe stata la rovina per tutti, uomini e animali.
Gli abitanti della casa andavano e venivano di corsa dal pozzo portando secchi d'acqua, ma erano in pochi e l'intervento non era sufficiente a spegnere le fiamme.

Immagine condivisa da j4p4n
(openclipart.org/detail/329987/realistic-house-fire).

Il bambino più piccolo ebbe un'idea: rendendosi conto che gli umani non erano sufficienti a far fronte al pericolo, chiese a uno scoiattolo di cercare aiuto tra gli animali della foresta.

Immagine condivisa da liftarn
(openclipart.org/detail/330843/lumberjack-and-squirrel).

Questo ci pensò bene, poi andò a chiamare l'elefantino, che accorse subito.
Data un'occhiata alla situazione corse al pozzo, riempì al massimo la sua grossa proboscide, corse alla casa e dall'alto gettò l'acqua sulle fiamme: nel giro di poco tempo riuscì a spegnere l'incendio.
Tutti gli abitanti della casa gli si fecero intorno, lo ringraziarono, lo accarezzarono, tessendo le sue lodi.
Gli elefanti che lo avevano escluso si resero conto di quanto era stato bravo e utile, e capirono che il diverso può essere una risorsa.
Da quel giorno smisero di prenderlo in giro e lo ammisero nel loro gruppo, con grande gioia sia dell'elefantino, che ora si sentiva accettato e amato, che della sua mamma, che aveva tanto sofferto per l'esclusione patita dal figlio

Immagine condivisa da GDJ
(openclipart.org/detail/331867/cartoon-elephant).

17 - La pazienza è la virtù dei forti

L'orso Berto aveva deciso di andare a scuola: si sentiva molto ignorante e non voleva che gli altri lo prendessero in giro per gli strafalcioni di linguaggio che spesso faceva.
Si iscrisse alla scuola del paese più vicino alla foresta in cui abitava e, dato che era comunque un po' lontana, chiese se poteva usufruire del servizio scuolabus.
Gli risposero di si, e gli diedero la tabella degli orari, sia delle lezioni che del bus.
Il primo giorno di scuola Berto si mise sul ciglio della strada ad aspettare che passasse il mezzo a prelevarlo; il problema era che lui non possedeva un orologio (e neppure sarebbe stato capace di leggerlo, ancora non glie lo avevano insegnato).
Così attese pazientemente... poi un po' meno pazientemente... poi sempre meno pazientemente... ma insomma, quando arriva questo scuolabus?
A un certo punto cominciò a irritarsi e a mugugnare dentro di sè, pensando che lo avessero dimenticato, che non gli importasse niente di lui.

Immagine dell'orso condivisa da hund
(openclipart.org/detail/330315/grumpy-bear),
immagine della strada condivisa da J_Alves
(openclipart.org/detail/171119/open-road).

Allora, per superare il momento di empasse, decise di schiacciare un sonnellino, certo che il rumore del motore lo avrebbe svegliato.
Si tolse dal ciglio della strada, si sdraiò sul prato vicino, dietro a un muretto e... si addormentò della grossa.

Immagine condivisa da hund
(openclipart.org/detail/330314/sleeping-bear),
immagine dell'erba condivisa da cyberscooty
(https://openclipart.org/detail/171366/grass-only).

Così quando, circa dieci minuti dopo, lo scuolabus passò nessuno lo vide. Pensarono che avesse rinunciato: tra l'altro non aveva il cellulare per cui non avrebbe potuto avvisare. Aspettarono qualche minuto, lasciarono un biglietto di avviso, e se ne andarono.

Immagine condivisa da j4p4n
(openclipart.org/detail/327619/basic-yellow-school-bus).

Quando un paio d'ore dopo Berto si svegliò dal suo sonno da orso vide il biglietto e capì, anche se non sapeva ancora leggere.
Se la prese un po' con sé stesso, poi si disse "Pazienza, sarà per l'anno prossimo...".
E se ne tornò nel bosco in cerca di qualche alveare selvatico dove trovare un po' di miele per consolarsi.

18 - I piccoli vanno protetti

"Ciao, Gloria. Oggi ti voglio parlare di una lezione importante che mi è stata data quando ero giovane, ancora inesperto e anche un po' stupidotto, e che è stata l'inizio del mio cammino verso la saggezza.


Anacleto da giovane

Immagine condivisa da tsr
(openclipart.org/detail/329150/cartoon-owl).

Stavo andando a caccia, avevo una gran fame, quando ho visto un topino piccolo piccolo. Mi sono detto "E' un magro boccone, ma tant'è, è quello che mi sta capitando ed è la preda più facile, devo far poca fatica a prenderlo!"
Ma il topino era più sveglio di quanto mi sarei immaginato, e anche più svelto, e scappando riuscì a nascondersi in un buco nel terreno, dove rimase acquattato finchè io non mi stufai di fargli la posta e me ne andai a cercare qualcosa di più sostanzioso.

Immagine condivisa da liftarn
(openclipart.org/detail/328094/mouse-in-a-mitten).

Volando via da quel posto vidi con la coda dell'occhio la mamma del topino che, terrorizzata, aveva assistito al tentativo di caccia ed era rimasta acquattata pregando il Dio dei topi che salvasse suo figlio e che, appena me ne andai, corse ad abbracciare e a rincuorare il povero topino, il cui cuoricino batteva a mille.

Immagine condivisa da j4p4n
(openclipart.org/detail/328101/rat-family-colour).

A quel punto arrivò il gufo anziano che, dopo aver assistito da lontano a tutta la scena, con aria severa, mi fece capire che quando è possibile i piccoli vanno lasciati vivere perchè altrimenti che esperienza possono portare alla loro Anima-gruppo? Solo la paura e la morte!
Mi disse anche che gli umani, che pur hanno tanti difetti, hanno una grossa qualità: hanno deciso di vietare la caccia nei periodi in cui nascono i piccoli... questa è saggezza!

Immagine condivisa da enolynn
(openclipart.org/detail/190928/hibou-grandduc-eagle-owl).

Ci rimasi un po' male ai rimbrotti di Gufo Saggio, ma compresi che aveva ragione, e da allora cerco di stare attento e, quando è possibile, di cacciare solo animali anziani che abbiano già goduto abbastanza della vita e che siano pronti a restituirla alla grande Legge di Madre Natura.

"Molto saggio, Anacleto! Per analogia mi viene in mente l'episodio narrato nel bellissimo libro "... E venne chiamata due cuori" (*), quando gli aborigeni attraversano il deserto australiano e l'unica cosa che possono cacciare per non morire di fame sono i canguri. Il più vecchio di loro si è messo in evidenza di fronte agli umani e ha mandato il messaggio telepatico "Prendete me, prendete me!"

* Marlo Morgan - "... E venne chiamata due cuori".

19 - Non tutto il male vien per nuocere

Il gatto Rocco, rude maschio di strada, si era follemente innamorato della gattina Rosy, dolce micetta di appartamento.
Tutte le notti andava sotto il balcone dove lei abitava, a cantarle a gola spiegata la serenata, con tutta la passione che sentiva in cuore.

Immagine condivisa da Arvin61r58
(openclipart.org/detail/310629/kittens-in-the-night).

Questa ovviamente era una cosa che infastidiva parecchio gli abitanti della casa e anche quelli del condominio adiacente, e regolarmente ogni notte qualcuno gli versava addosso una secchiata di acqua gelida per mandarlo via.
Ma lui non era uno da arrendersi: la notte successiva tornava, e si riceveva sulla testa una nuova secchiata d'acqua.


La dolce Rosy

Immagine condivisa da GDJ
(openclipart.org/detail/230137/award-winning-feline).

Anche gli umani di Rosy non ne potevano più e, visto che non avevano il potere di mandar via il gattaccio nero che insidiava la loro piccola, se non dopo che li aveva bellamente svegliati nel cuore della notte, pensarono che l'unica soluzione fosse quella di allontanare Rosy, e così la portarono nella loro casa in campagna e la affidarono ai contadini che abitavano vicino, riempiendoli di raccomandazioni perchè la trattassero da reginetta, come era abituata.

Immagine condivisa da johnny_automatic
(openclipart.org/detail/19499/farmer).

All'inizio Rosy si trovò molto male in quel posto nuovo: non capiva perchè i suoi umani si erano sbarazzati di lei, che era sempre stata così buona e tranquilla e non aveva mai dato fastidio a nessuno. E' vero, c'era quel terribile gatto nero che veniva di notte a gridare sotto il suo balcone, ma cosa c'entrava lei? Non lo aveva certo chiamato nè facilitato, nè aveva fatto qualcosa per sedurlo; semplicemente lo guardava con curiosità e, perchè no, anche con un po' di compiacenza, ma da lì a far sì che le facesse perdere il suo posto comodo e felice! In realtà era molto arrabbiata con lui, per come erano andate le cose.

Ma presto si accorse che non tutto il male vien per nuocere, e che forse tutto sommato la vita le aveva fatto un dono: i contadini avevano anche loro un bel gattone, grigio, di nome Chucky, decisamente più attraente di Rocco, il quale subito prese a farle la corte.

Immagine condivisa da rejon
(openclipart.org/detail/218757/Chucky-the-Cat).

Inoltre Rosy si rese conto che la vita alla fattoria era molto più interessante, varia e stimolante rispetto a quella della città, con tutti i simpatici animali che conobbe e con cui entrò in amicizia:

Immagine del gallo e famiglia condivisa da frankes (openclipart.org/detail/248294/chickens-coloured).
Immagine della papera con paperotti condivisa da salvor (openclipart.org/detail/169536/goose-and-goslings).
Immagine del tacchino condivisa da j4p4n (openclipart.org/detail/320923/turkey-1895).
Immagine della capretta condivisa da hund (openclipart.org/detail/325215/dairy-goat).
Immagine delle mucche condivisa da francesco_rollandin (openclipart.org/detail/34651/architetto-striscia-mucche).

E così, qualche tempo dopo, quando i suoi "proprietari cittadini" vennero per riprendersela, la trovarono con un compagno affascinante e con cinque bei micetti giocosi, e non ebbero cuore a portarla via dalla sua nuova casa dove si era adattata così bene.
Ringraziarono i fattori e se ne andarono, lasciandola lì, felice e soddisfatta, con la sua nuova famiglia e tutti i suoi nuovi amici.

Immagine condivisa da johnny_automatic
(openclipart.org/detail/4503/kitties-playing).

E il gatto Rocco?
Da quando Rosy non c'è più, ha trovato un altro balcone sotto cui andare a cantare di notte, e dove regolarmente si riceve in testa secchiate di acqua gelida per raffreddare i suoi "bollori".

20 - L'amicizia è sacra

"Ciao Gloria."
"Ciao, Anacleto. Oggi vorrei farti conoscere un tuo simile che abita sul balcone di una mia amica.
La sua funzione originaria sarebbe stata quella di fare da deterrente per i piccioni, che però, anche se non brillano per innata intelligenza, non sono totalmente stupidi e si sono resi conto che Oliviero, questo è il nome dell'amico gufo-sentinella, non si muove, perciò non riveste alcun pericolo per loro; così vanno e vengono sul balcone a loro piacimento.
Oliviero era un po' annoiato a rimanere lì fermo a far niente, così abbiamo pensato di portarlo da te: lui gufo cittadino e tu gufo di bosco, potrete scambiarvi molte informazioni e molte esperienze diverse.

Mi piacerebbe che diventaste amici e vi faceste compagnia, anche perché questo nostro lavoro insieme sta volgendo al termine.
Il programma iniziale era di scrivere 21 racconti (3 arcobaleni), che insieme all'introduzione fanno 22 (in numerologia con l'11 e il 33, il 22 è un "Numero Maestro"... da sempre sto parecchio attenta a queste cose!).
A questo punto manca un solo "racconto", dopo di che ci saluteremo.

Parafrasando la vecchissima canzone "Addio, mia bella addio", ti "recito":
"Ma non ti lascio solo, io ti lascio un gufo ancor.
Sarà quel che ti consola, l'amico dell'amor!" (*)

Se poi per qualche motivo non vi incontrerete e non starete bene insieme me lo direte, così gli troveremo un'altra funzione adatta a lui, in cui si troverà bene.
Infatti per stare bene bisogna seguire il proprio "programma interiore", e per ora quello vero di Oliviero ancora non lo abbiamo scoperto."

Il Gufo Oliviero è di Barbara, e anche la foto è sua.

(*) Il testo originale della canzone - della prima guerra mondiale - è:
"Ma non ti lascio sola, io ti lascio un figlio ancor.
Sarà quel che ti consola, il figlio dell'amor."

21 - Chi ben comincia è a metà dell'opera

"Ciao, Anacleto, stai bene?"
"Grazie, Gloria, sto molto bene, e mi trovo benissimo con Oliviero, ci raccontiamo un sacco di cose e riesco anche a farlo ridere."
"Oggi, Anacleto, ti voglio far conoscere un altro gufo, anzi, una gufetta: Edvige.
La indicano come civetta, in realtà è un meraviglioso gufo delle nevi.
Per incontrarla bisogna prendere il treno dal binario 9 e 3/4, poi una barca che ti porta ad Hogwarts. Oppure, più velocemente, puoi venire con me "in spirito" (*). Ti va?"
"Come no? Grazie! Cosa devo fare?"
"Chiudi gli occhi, rilassati, collegati a me e seguimi. Oliviero ci aspetta qui."
Così faccio e, mentre il mio corpo rimane rilassato, seduto a terra con la schiena appoggiata all'albero, il mio "spirito" (*) si stacca e segue Anacleto in volo.
E' una sensazione bellissima: campagne, città, villaggi passano sotto di noi ad una velocità supersonica, ed eccoci atterrare davanti all'entrata di Hogwarts.
Il grande edificio è vuoto, le riprese dei film sono finite da un pezzo. Ma c'è Edvige che ci attende, "informata" telepaticamente da Anacleto del nostro arrivo.
I due gufi si salutano calorosamente, e pare che i loro corpi sottili si fondano per un attimo, poi ritornano a separarsi.
Edvige mi guarda: "Finalmente è arrivato qualcuno a cui consegnare la posta. Mi sentivo disoccupata, mi annoiavo qui da sola."
Vola via. Torna dopo pochi minuti portando nel becco un grosso plico che lascia cadere nelle mie mani.
Poi i due gufi vanno a farsi un volo insieme mentre io, curiosissima, apro il plico.
C'è una pergamena scritta a lettere d'argento, con una bella calligrafia "antica":
"Nostra cara Gloria, siamo onorati di averti con noi nelle nostre schiere. E' molto bello il lavoro che stai facendo, fai vibrare il cuore a molte persone in questo momento in cui l'umanità sembra che stia andando a rotoli.
Per questo, attraverso Edvige, nostra messaggera, ti porgiamo questo diploma di "Amica dell'Umanità e co-artefice del rinnovamento dell'Umanità stessa".
Dal plico esce una seconda pergamena più spessa, scritta a lettere d'oro e firmata "I Fratelli del Dove": il diploma.
Non capisco bene, ma accetto con gioia e ringrazio il "Dove" (che non so dov'è) nel mio cuore.
Nel frattempo i due gufi sono tornati.
Salutiamo Edvige, che resta lì come guardiana, e torniamo all'albero, a Oliviero che è rimasto di guardia e al mio corpo nello stesso modo di prima, facendo il percorso inverso.
"Rientro" nel mio corpo, lo riattivo facendo qualche movimento, poi chiedo ad Anacleto: "Qual è il tuo detto o il tuo insegnamento di oggi, mio caro amico?"

"Chi ben inizia è a metà dell'opera!" (**)

Edvige, da "Harry Potter", © Warner Bros. Pictures

Ed ora che sei stata promossa e questo "lavoro" di 21 tappe che abbiamo fatto insieme è completato, ti affido all'amica Aquila, il cui motto è

"volo in alto, tocco il Grande Spirito"

perché ti porti su con lei ad altezze alle quali io non posso arrivare.

"Arrivederci, caro amico. Grazie dei tuoi insegnamenti. Verrò a trovarti ogni tanto e, se potrò, ti racconterò delle mie nuove avventure. Grazie anche ad Edvige che mi ha portato un messaggio per me così importante. Vi vorrò bene sempre, sarete sempre nel mio cuore!"

Immagine condivisa da donchico
(openclipart.org/detail/248435/eagle).

(*) - Viaggio astrale - corpo astrale.

(**) - La seconda parte dell'opera si chiamerà "Viaggiando tra le Stelle".

...continua...

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