Delia

Introduzione

Ho conosciuto Sergio al Villaggio Verde il 1° aprile del 1990, quando ho condotto lì il mio primo gruppo di Danza Libera.
Un sogno fatto poco tempo dopo mi ha "segnalato" che avremmo dovuto fare un "percorso di consapevolezza" insieme, e così è stato: siamo stati sposati per circa dieci anni, finché alla fine le nostre strade si sono separate.
All'inizio del nostro cammino insieme mi è stato ispirato questo racconto, dove il "gigante" a cui faccio riferimento è proprio Sergio.

Il Gigante nella roccia

Tanti anni fa nel paese dei Pigmei viveva un Gigante.
Era un Gigante buono: il suo passatempo preferito era aiutare i Pigmei in tutti i lavori faticosi: appena c'era qualcosa di pesante da sollevare, da trasportare, i Pigmei andavano a chiamare il Gigante, che subito accorreva e faceva lui il lavoro.
Il tempo passava.
A un certo punto il Gigante cominciò a rendersi conto che i Pigmei si stavano impigrendo: non lo chiamavano solo più per i lavori pesanti, ma, qualunque cosa ci fosse da fare, "Gigante qua", "Gigante là", tanto per lui era una cosa da niente! E loro intanto stavano a guardare.

Il Gigante pensò di andarsene. Ma gli dispiaceva, era affezionato ai Pigmei, anche se erano diventati pigri e indolenti.
Cosa fare? Pensa e ripensa, gli venne un'idea. Cominciò a lamentarsi che aveva mal di schiena, che faceva fatica a muoversi, e via via cominciò a declinare tutte le richieste di aiuto.

Stava seduto dentro a una roccia a forma di conca, da cui poteva vedere tutto il villaggio.
I Pigmei che avevano disimparato a lavorare, non sapevano più cosa fare. Allora presero ad andare dal Gigante a chiedergli suggerimenti.
Lui dalla sua roccia-vedetta consigliava, dirigeva i lavori.
E così, dietro la sua direzione verbale, i Pigmei poco per volta ripresero possesso delle proprie capacità e ridiventarono autosufficienti.
Sempre più raramente andavano dal Gigante a chiedere consiglio, ormai se la cavavano da soli.
Il Gigante, nella sua roccia, cominciò a sentirsi inutile, a intristirsi, e si addormentò.

Passò molto tempo. Il paese dei Pigmei si trasformò: molti emigrarono in altri paesi, altri vennero a prendere il loro posto. Del Gigante addormentato nella roccia pian piano ci si dimenticò.

Un giorno venne un terremoto, che non causò gravi danni al paese: qualche contuso, qualche ferito, ma nessuno grave, qualche muro crollato che fu subito riparato dagli operosi abitanti.
Ma la roccia sprofondò, e il Gigante addormentato si ritrovò chiuso nel profondo di una caverna. Neppure se ne accorse, continuava a dormire di un sonno senza sogni. Nel suo profondo sapeva che si sarebbe risvegliato quando il mondo intorno fosse cambiato abbastanza per potercisi integrare.

Passarono anni, decenni, secoli.
I Pigmei, razza ormai antica, si estinsero. Gli Operosi prosperarono e si diffusero nelle terre vicine costruendo città, strade, officine.
Cominciò a nascere una nuova razza, quella dei Giganti-Bambini: avevano l'animo dei poeti, amavano cantare, danzare, giocare.
Si chiamavano con il nome dei fiori: Violetta, Oleandro, Margherita, Glicinia, Gelsomino, Pervinca, Fiordaliso, Gigliola, Iris, Rosa, Dalia...
Amavano molto scherzare ed erano sempre alla ricerca di giochi nuovi.

Un giorno Rosa e Dalia, in giro per il bosco alla ricerca di ispirazione di nuovi giochi da proporre agli amici arrivarono vicino alla grotta dove era chiuso il Gigante addormentato. Entrambe si fermarono in ascolto, la loro sensibilità psichica aveva percepito qualcosa: una sottile vibrazione, diversa da quelle emanate dalle piante o dagli animali.
Era una vibrazione umana, ma come diversa da quelle che conoscevano!
Si avvicinarono alla roccia e vi posero sopra le mani, per entrare meglio in contatto: sì, lì dentro c'era qualcuno, e Rosa e Dalia ebbero contemporaneamente la certezza che quel qualcuno aspettasse proprio loro.
Girarono intorno alla roccia per vedere se da qualche parte ci fosse un'apertura, e infine scoprirono un punto dove le pietre stavano cominciando a sgretolarsi.

Cominciarono a togliere i pezzi rotti prima con le mani, poi aiutandosi con altre pietre aguzze, fino a fare un'apertura sufficientemente grande da poter vedere dentro. Intravidero una luminosità violetta e capirono che era emanata dai cristalli di ametista inglobati nella roccia.

Con più decisione continuarono a scavare, fino a formare un varco attraverso il quale, una alla volta, entrarono. Non avevano paura: la loro sensazione interna diceva loro che quello che stava avvenendo era molto importante e bello.
Strisciarono tra la roccia che quasi subito si aprì in una stanza sotterranea, rischiarata dalla luminosità di grossi cristalli di quarzo e di ametista. E in fondo alla stanza, semi-sdraiato nella roccia, giaceva il Gigante addormentato.

Rosa e Dalia cautamente si avvicinarono e lo guardarono: come era bello!
Aveva un'aria antica, profonda, come se racchiudesse in sé tutta la saggezza del mondo. Si percepiva appena il suo respiro.
Rosa e Dalia, incantate, non riuscivano a staccare gli occhi da lui.
Poi Dalia, spinta da un impulso profondo, posò una mano sul cuore del Gigante, che lentamente aprì gli occhi.
Fu un momento di grande commozione, non furono necessarie le parole: i loro cuori entrarono subito in comunicazione.

Ma il Gigante era rimasto fermo per così tanto tempo che, tranne gli occhi, non riusciva a muovere nessun'altra parte del corpo.
Allora le due amiche molto dolcemente cominciarono a massaggiarlo, per far scorrere di nuovo il sangue dentro a quel corpo immobile; e così il Gigante piano piano recuperò le sue forze e il movimento.

Rosa e Dalia, sostenendolo una per parte, lo aiutarono a sollevarsi e a fare qualche passo. Poi, allargato un po' di più il passaggio nella roccia, uno alla volta strisciarono fuori.
Dopo tanto tempo passato al chiuso l'aria fresca e la luce dell'esterno stordirono un po' il Gigante.

Tenendosi per mano, con il Gigante in mezzo, i tre, ormai amici, cominciarono a camminare per il bosco.
Il Gigante guardava, guardava... e ricordava: ogni fiore, ogni albero, ogni insetto, ogni uccello che vedeva, ogni profumo che sentiva facevano riaffiorare in lui immagini antiche, pensieri sepolti.

Arrivarono a un ruscello: il Gigante tuffò le mani nell'acqua, poi si lavò la faccia.
L'acqua fresca fece cadere un altro velo della sua memoria addormentata.
Trovarono delle fragole: che buone! Il sapore dei dolci frutti fece ricordare al Gigante il suo stomaco vuoto da tanto tempo.

Le due ragazze proposero di ritornare al villaggio: ormai il sole stava calando e gli amici si sarebbero preoccupati non vedendole rientrare. Si erano allontanate parecchio e la strada da percorrere era lunga.
Arrivarono a casa che era ormai buio. la comunità dei Giganti-Bambini aveva già cenato e riassettato, e ora erano tutti intorno al fuoco.
Gelsomino stava sperimentando la sua nuova invenzione: proprio quel giorno aveva intrecciato in un modo particolare dei giunchi e ne aveva fatto uno strumento musicale, soffiando nel quale ne uscivano dei suoni particolati, e ora, tutti insieme ascoltavano e sperimentavano nei loro corpi e nelle immagini suscitate l'effetto di quei suoni. Violetta stava cercando di tradurli in movimento.

L'arrivo dei tre interruppe il gioco.

Andarono tutti loro incontro, li circondarono con sollievo, contenti che finalmente fossero tornate e curiosi nei confronti del nuovo venuto.
Offrirono loro la cena messa da parte, e vollero sapere cosa era successo.

Il Gigante era un po' stordito da tutti gli avvenimenti successi, così furono Rosa e Dalia a raccontare l'avventura. Poi, rifocillato e ambientato, anche il Gigante prese a parlare, e raccontò la sua storia.
Tutti intorno, incantati, ascoltavano.
Ogni tanto scappava loro da ridere, perchè il Gigante si esprimeva in un modo un po' arcaico. Il Gigante capiva, e rideva anche lui.
Le risate aumentavano ancora di più la simpatia che si stava creando e gruppo.

I ragazzi proposero al Gigante di rimanere a vivere con loro. Un po' titubante all'inizio, egli finì per accettare: il suo cuore gridava di sì, al gruppo intero, e a una persona in particolare... I loro occhi si incontrarono e anche lei, con lo sguardo, espresse la sua gioia.

Quella notte il Gigante dormì nella capanna di Gelsomino. Il giorno dopo, aiutato un po' da tutti, si costruì una capanna tutta sua, nel cerchio delle altre, e si stabilì al villaggio.

Cominciò così per lui una nuova vita, bellissima, di amicizia e di amore, di operosità e di gioco. Mise in comune con i nuovi amici tutta la saggezza antica che via via emergeva dalla sua memoria, e ricevette di contro la loro gioia di vivere, la loro fantasia e creatività.
Era felice. Gli piaceva giocare, ma soprattutto la sua natura attiva lo portava a crearsi dei lavori: intagliava utensili nel legno, fabbricava suppellettili con la creta, inventava strumenti vari per rendere la loro vita sempre più agevole.

Ogni tanto, mentre lavorava, ripensava con un fondo di malinconia ai suoi Pigmei che non c'erano più, poi si riscuoteva, turnava al presente che non aveva proprio niente da rimpiangere ai tempi antichi, e si rimetteva al lavoro cantando.

Il racconto è di Delia e viene distribuito
con una licenza Creative Commons (creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/deed.it).
I disegni sono di Sergio e vengono distribuiti
con una licenza Creative Commons (creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/deed.it).