Egle

I miei viaggi

1 - Non far capire che sei straniera


Berlino, Chiesa della memoria.
Costruita nel 1890 e danneggiata nel 1943 non è mai stata ricostruita.
Gli edifici intorno sono del 1959-1963 e il contrasto con la Chiesa ricorda gli orrori della IIª Guerra Mondiale.
Foto di Zug55 (flickr.com/photos/zug55/4059991646).

Berlino, dicembre 1963 - Fra qualche giorno avrò 19 anni.

Da Köln (Colonia sul Reno), dove ho trascorso 8 mesi studiando la lingua e poi lavorando come stenodattilografa in tedesco presso il Kaufhof, ho preso un pullman per andare a Berlino, attraversando la Germania in linea retta da Ovest a Est in oltre 6 ore di percorso. Era un mio forte desiderio vedere Berlino, che da oltre due anni era divisa in due dal muro, prima di lasciare la Germania e tornare a Milano.

Ed eccomi qui, in un Bed & Breakfast a dividere la stanza con Vappu Youti, una simpatica ragazza finlandese da cui imparerò i numeri dall'1 al 10 nella sua strana lingua: Üksi, Kaksi, Kolme, Niisi, Kusi, Kadexan, Kimmenen, ...

Dal 13 agosto 1961 la città di Berlino è divisa in due dal muro eretto nel corso di una notte dai Sovietici che occupano la parte est della città. Ci sono dei punti in cui le case fanno da muro, come nella Bernauer Strasse, e dalle finestre di quelle case molti si sono gettati pur di rimanere a ovest, spesso perdendo la vita.


Berlino, 1963.
Foto di Peter (flickr.com/photos/pbb/38930396484).

A Berlino Est si trovano i più grandi musei della città, quali il Pergamon, l'Altes Museum, il Neues Museum, che io intendo assolutamente visitare. Per andare a Berlino Est occorre passare dal posto di blocco "Checkpoint Charlie", presieduto dagli Americani. Ti viene rilasciato un permesso giornaliero da riconsegnare al rientro nella zona ovest.
Sono un po' preoccupata, anzi, quasi spaventata: mi è stato detto che se perdo quel foglio, che inserisco con cura nel mio passaporto, non potrò più rientrare nella zona ovest della città. Quindi, fai attenzione Egle!


Berlino, Checkpoint Charlie, 1986.
Foto di Petershagen (flickr.com/photos/m-joedicke/3974618929).

Berlino Est si presenta ancora come un luogo in semi-rovina, con molti edifici del tutto o in parte distrutti, spezzoni bruciacchiati di case penzolanti tristemente nel vuoto.


Berlino, resti della stazione ferroviaria Anhalt, 2016.
Foto di Images George Rex (flickr.com/photos/rogersg/25279117244).

Ma la città è viva e custodisce grandi tesori come i musei che intendo visitare (lo farò in più visite) e la famosa Porta di Brandeburgo.

La prima cosa che mi reco a vedere è proprio la Porta di Brandeburgo, simbolo della città di Berlino.
Fu inaugurata nel 1791 insieme al l'adiacente Pariser Platz, opera dell'architetto Carl Gotthard Langhaus.
E' in stile neoclassico, composta da 6 colonne doriche. E' sormontata da una quadriga che contiene la statua della Vittoria, poi ridefinita Statua della Pace.

Avvicinandomi noto che la Porta di Brandeburgo è sorvegliata da un giovane militare con un fucile in spalla. Non dimostra più di vent'anni. Probabilmente ha ordini di fermare chiunque tenti di passare a Berlino ovest.
Gli chiedo se posso avvicinarmi, e ingaggiamo una conversazione. Fa molto freddo (siamo a dicembre) e faccio fatica a parlare, ho il mento gelato!
Per due volte mi cade un guanto per terra e per due volte lui lo raccoglie e me lo porge gentilmente.

Prima di congedarmi gli chiedo se ha mai sparato col fucile che ha in spalla e lui mi risponde, con un'espressione molto seria: "Su bersagli umani ancora no" (Auf menschlische Ziele noch nicht).

Mi congedo da lui ringraziandolo per la gentilezza e proseguo la mia visita a Berlino Est.


Berlino, Porta di Brandeburgo, 2019.
Foto di VolleySteff (commons.wikimedia.org/wiki/File:201907-Berlin-Brandenburger_Tor.jpg).

Mi fermo a guardare una vetrina e scopro una parola tedesca che non conosco. Anzichè consultare subito il mio vocabolario tascabile come faccio sempre, chiedo spiegazioni a un uomo sui 60 anni che ha in mano una valigetta nera e che si è fermato accanto a me a guardare la vetrina. Iniziamo così una conversazione. E' un operaio appena uscito dal suo turno di lavoro. Dopo un po' mi chiede se voglio andare con lui a bere una birra nella vicina piccola birreria, una bettola. Accetto volentieri: sono le due del pomeriggio e non ho ancora mangiato nulla.
Una volta seduti davanti a un bicchiere di birra, lui estrae dalla sua borsa un grande panino di segale imbottito di salame, che è il suo pranzo, e... accetto con un po' di senso di colpa di dividerlo con lui perchè sono affamata.


Berlino, 2015.
Foto di Margie Savage (flickr.com/photos/queceus/17487907085).

Intanto mi racconta di sè e di come si vive a Berlino Est. Apprendo così che ha una figlia grande che fa l'insegnante e che i Berlinesi dell'est non possono andare nella parte ovest della città, nè nella Germania ovest, nè tanto meno all'estero, e neppure avere contatti con stranieri. Ma non si lamenta della situazione, cerca di illustrarmi anche i lati positivi, come il fatto che possono andare al Mare del Nord in vacanza.
Mi chiede poi se sono d'accordo di andare con lui a bere un caffè in un posto più elegante; io accetto volentieri, e restiamo lì a lungo a chiacchierare.


Germania, mare del Nord, 2015.
Foto di benjiaminberger111 (flickr.com/photos/128738768@N06/16490606473).

Prima di entrare mi aveva raccomandato di non far capire che ero straniera.
Lo prendo come un complimento per la mia ottima pronuncia tedesca!

2 - Londra, Winchester, Stonehenge

Londra, agosto 1998.
All'età di 54 anni eccomi tornata nella mia amata Londra per una settimana di vacanza, in compagnia di Alessandra, la bella figlia 27enne della mia cara amica Edvige.
David, un mio cugino americano che vive a Londra con la moglie inglese e una bimba di 3 anni, ci ha offerto ospitalità per dormire presso il suo ufficio, che dispone di una stanza da letto per ospiti occasionali. Siamo state fortunate!

A Londra ho vissuto per quasi un anno nel 1969 per studiare l'inglese. Avevo 25 anni e il 1969 è stato l'anno più bello della mia vita. Era l'anno della "swinging London", della Londra vivace e piena di vita: l'anno dei Beatles, di Mary Quant e della minigonna, l'anno del primo uomo sulla luna, un anno decisamente eccitante, che io ho vissuto con grande gioia ed entusiasmo.

Ma torniamo al presente racconto.
Dopo aver visitato i siti classici di Londra, come Piccadilly Circus e Trafalgar Square, la Torre di Londra, gli edifici del Parlamento con il famoso Big Ben, e persino Hyde Park Corner per ascoltare l'oratore di turno, Alessandra e io visitiamo due siti molto più attuali: il Ponte dei Frati Neri (Blackfriars Bridge) e il Globe Theatre, il teatro di Shakespeare fedelmente ricostruito e inaugurato in tempi recenti dalla Regina Elisabetta in persona, che se ne è anche aggiudicata la proprietà.


Londra, Piccadilly Circus.
Foto di Egle.


Londra, Trafalgar Square.
Foto di Egle.


Londra, Ponte dei Frati Neri (Blackfriars Bridge).
Foto di Egle.

Al Globe siamo anche riuscite a vedere una commedia di Shakespeare stando comodamente sedute su una panca negli spalti, mentre la maggior parte degli spettatori stava in piedi nell'area davanti al palcoscenico, magari mangiucchiando qualcosa come era permesso fare allora.


Londra, Globe Theatre.
Foto di Egle.


Londra, Globe Theatre.
Foto di Egle.

Il giorno seguente Alessandra ed io chiediamo a David di accompagnarci a vedere Stonehenge, il grande complesso neolitico situato nella piana di Salisbury, a 139 Km da Londra, che nè io nè Alessandra avevamo mai visto prima.
Partiamo a bordo della Porsche rossa della moglie di David, Katrina.

Durante il tragitto David ci fa fare una gradita sosta a Winchester, graziosa cittadina con la grande cattedrale gotica, immortalata dai Beatles nella famosa canzone "Winchester Chatidral".


Cattedrale di Winchester.
Foto di Egle.

La cattedrale è imponente, la più grande di tutto il Regno Unito, e la sua costruzione fu iniziata nel 1079.
All'interno scopriamo tra l'altro che contiene le spoglie di Jane Austen, scrittrice che noi amiamo molto.
Una volta ammirati gli interni della cattedrale, scopriamo in un angolo della navata sinistra un tabellone al quale sono fissati con degli spilli numerosi biglietti scritti a mano, e ci fermiamo incuriositi a leggerne alcuni.
Sono in gran parte suppliche che riguardano problemi di salute dello scrivente o di qualche suo famigliare; ma restiamo sorpresi e un po' divertiti davanti a un biglietto scritto in bella grafia che recita così: "Dite una preghiera per mio figlio John, che si trovi una brava ragazza da sposare".


Cattedrale di Winchester.
Foto di Egle.

All'uscita ci concediamo una breve sosta sul grande prato verde davanti alla cattedrale e percorriamo qualche via della città prima di riprendere il nostro viaggio.


Winchester, giardini.
Foto di Rackel Clarke (flickr.com/photos/rachelc/3559390726).

Arrivati alla meta restiamo affascinati davanti al grande complesso neolitico di Stonehenge, che si erge solitario su una vasta piana verde. Si sa ben poco sulla sua storia, su chi l'ha costruito e perchè. Le ipotesi più accreditate parlano di un complesso neolitico costruito intorno al 3100 a.C. come un centro rituale allineato con il movimento del Sole.


Stonehenge.
Foto di Egle.

Le gigantesche pietre del sito, che nel corso dei secoli sono state spostate più volte, devono il loro attuale allineamento ai lavori di ricostruzione avviati nella prima metà del '900. Il set che vediamo ora è composto da un cerchio interno con 6 grandi blocchi di pietre sormontati da tre architravi colossali, e un cerchio esterno di 17 monoliti con i relativi architravi.
Riguardo al nome, la parola Enge indica una struttura preistorica, mentre Stone identifica la pietra.


Stonehenge.
Foto di Egle.

* * *

Siamo quasi alla fine della nostra vacanza e prima di lasciare Londra Alessandra ed io decidiamo di fare una visita ai famosi Grandi Magazzini Harrods in Oxford Sreet.
All'ultimo piano troviamo il reparto abiti da sera e restiamo colpite da un bellissimo abito lungo monospalla fatto interamente di paillettes.
Invito Alessandra a indossarlo.
L'abito è splendido ed esalta la figura e la bellezza di Alessandra!

3 - Ritorno a Wernigerode

Ottobre 1995

Questo è un racconto di viaggio scritto a due mani con la mia amica Edvige, che è nata nel 1945 proprio a Wernigerode, una bella cittadina dello Harz, Germania Orientale, in circostanze alquanto straordinarie.

E qui è doverosa una premessa.

L'Italia è governata dai Fascisti e dai Nazisti loro alleati. Mentre con altre persone è in attesa del tram per tornare a casa dopo il lavoro, la futura madre di Edvige è testimone suo malgrado dell'uccisione di un militare tedesco. Per rappresaglia a tutte le persone presenti vengono confiscati i documenti di identità.

Pochi giorni dopo la mamma di Edvige si ritrova su un treno, spedita in Germania come lavoratrice coatta presso la fabbrica di materiale bellico Junkers di Magdeburgo.
Emigrato dall'Italia pochi anni prima, nella stessa fabbrica lavora anche, da persona libera, il futuro padre di Edvige ed è lì che i suoi genitori si sono incontrati.

A seguito di un bombardamento la fabbrica viene poi trasferita a Wernigerode, in un edificio che prima di essere riconvertito dalla Junkers in produzione bellica ospitava una fabbrica di cioccolata.

A Wernigerode la mamma di Edvige era alloggiata presso un campo di concentramento situato nei pressi della fabbrica, il papà era ovviamente libero.

Con la sconfitta della Germania il campo di concentramento fu smantellato e i genitori con la bimba Edvige di pochi mesi iniziarono un lungo e faticoso viaggio di ritorno a Milano, affrontando mille vicissitudini.

* * *

Nell'ottobre del 1995, quando entrambe abbiamo 50 anni, Edvige mi chiede se sono disposta ad accompagnarla in un viaggio di scoperta delle sue origini.

Accetto volentieri, sapendo quanto questo sia importante per lei: suo padre le aveva sempre descritto con grande entusiasmo e passione la bellezza di Wernigerode, con la piazza che ospita lo splendido Municipio e la Fontana. Era riuscito a scattarne fortunosamente una foto prima di lasciare per sempre la città.

E qui lascio la parola a Edvige.

Ieri notte ho sognato di tornare a Wernigerode.
Tutto era bianco e grigio: la Fontana, il Municipio, le case intorno. Silenzio.
Tutto come nella foto scattata da mio padre nel 1944.

* * *

20 ottobre 1995

Per la prima volta prendo un aereo diretto a Berlino con la mia amica Egle.
Senza di lei non avrei mai potuto realizzare il sogno di una vita: vedere il posto dove sono nata, la "città colorata dello Harz", il luogo che mio padre definiva "il più bello del mondo".

Wernigerode, ai piedi del Monte Brocken, la montagna che ispirò Goethe, da dove se si è fortunati si può vedere "l'Altare delle streghe".
Se si è fortunati, perché la cima del Brocken è per quasi tutto l'anno avvolta nella nebbia.

Qui non dirò degli eventi drammatici, degli incontri e delle coincidenze che fecero sì che io nascessi nello Harz, nei pressi di Wernigerode, cittadina della Sassonia Anhalt.
Se adesso sono qui a scrivere del mio primo viaggio nel luogo dove sono nata, è perché sono accaduti eventi straordinari: terribili e meravigliosi.

Allora, battesimo del volo con la mia amica Egle, organizzata, sicura di sé, che conosce bene la lingua tedesca: proprio la persona giusta, una persona generosa a cui sarò per sempre grata.
Ci conosciamo da tantissimi anni e un filo ci ha sempre unite, benché i nostri percorsi di vita siano stati molto diversi.
Egle ha studiato, ha viaggiato, si è laureata, e soprattutto conosce il tedesco meglio di un tedesco.

A Berlino siamo ospiti della "Pension Alexandra". Passeggiando lungo la famosa Ku-Damm piena di negozi di lusso, sostiamo al Caffè Kranzler dove gustiamo una torta tipica e dove Egle mi regala una deliziosa tazza da te' che non userò mai per tema di romperla.

Un tour organizzato ci conduce in giro per la città. Interi tratti di muro ricoperti di graffiti, il fiume Sprea che scorre grigio, la Porta di Brandeburgo...


Berlino - Il fiume Sprea.
Foto di Egle.

Ma ciò che mi colpisce di più per la sua potenza evocativa è la Chiesa della Rimembranza, con la cima annerita e mozzata dalle bombe.


Berlino - Chiesa della Rimembranza.
Foto di Egle.

L'interno è buio e tappezzato da una moltitudine di foto bianche e nere: macerie, dolore, paura.
So di essere passata tra quei ruderi durante l'estenuante viaggio di ritorno in Italia. Per questo forse questa chiesa ferita mi rattrista e mi affascina.

Desidero vedere la stele da cui l'Angelo d'oro saluta la città. E' lontana dal centro e la sera incombe, ma noi camminiamo sino al monumento che ha ispirato il famoso film. Nella scarsa luce del crepuscolo riusciamo a malapena a scattare una foto.


Berlino - L'Angelo che protegge la città.
Foto di Egle.

E' quasi buio al momento del ritorno. Percorriamo un sottopassaggio in cui risuonano cupamente i nostri passi, e poi una lunga strada semi deserta fiancheggiata da boschi.
Quando finalmente arriviamo in città le luci delle vetrine colme di cose buone ci rassicurano.
Io fotografo una minuscola donna che vende funghi sul marciapiede e un giovane uomo che suona con passione quel che mi pare un oboe.


Berlino.
Foto di Edvige.

Lasciamo Berlino in treno per raggiungere Wernigerode.
Infiniti campi gialli di colza e mucche pezzate sotto gli alberi rallegrano la nostra vista.
Mentre noi due declamiamo poesie in italiano, due signore gentili ci chiedono da dove veniamo e ci fanno i complimenti per l'armoniosità della nostra lingua.
Siamo allegre e felici. E' tanto tempo che non mi sentivo così.

Due soste, Magdeburgo e Halberstadt, e finalmente Wernigerode!
Nella stazione Egle mi fa delle foto.
E' una vecchia stazione, stile Germania Est. E' certamente la stessa dove scesero i miei genitori in circostanze meno serene delle nostre.


Wernigerode - La stazione.
Foto di Egle.

Era l'ottobre del 1944 (anche ora siamo in ottobre) e loro due erano stati trasferiti da Magdeburgo a Wernigerode perché la fabbrica dove lavoravano era stata bombardata e tutto ciò che si era salvato (compresi gli operai) era stato impacchettato e installato in un'altra fabbrica che prima produceva cioccolata.

* * *

Eccomi nella piazza davanti al Municipio.


Wernigerode - Il Municipio.
Foto di Egle.


Wernigerode - La fontana.
Foto di Egle.

Cinquanta anni fa mio padre si trovava qui, su queste pietre levigate dai passi, dal vento e dalla furia di tanti eserciti che non sono riusciti a distruggere una così fragile bellezza.
E proprio da qui, dove sto io adesso, il mio papa' scattava l'unica, piccola fotografia della piazza: il Municipio, la Fontana, un'automobile nera, le case d'attorno.
Fotografava una piazza deserta, certo silenziosa, in attesa...
La guerra per la Germania era persa e a breve altre divise sarebbero arrivate.

Mio padre aveva raccolto la macchina fotografica tra le macerie di Magdeburgo.
Era un vecchio apparecchio, di forma rettangolare, ma lui della piazza è riuscito a cogliere un grandangolo degno di un grande fotografo.


Wernigerode - La foto originale del papà.

Io ero nel posto dove desideravo essere, nel momento giusto.
Ero stupita, sorpresa, commossa e felice come forse non ero mai stata.
L'istante perfetto.
E quella luce della sera che rendeva la mia Fontana un'opera d'arte.
E il Municipio dove è conservato il mio certificato di nascita, che riuscirò a recuperare con l'aiuto di Egle.
Vi è scritto in bella calligrafia: "Nata il 7.3.1945 presso il Campo di Concentramento Comunitario di Amtsfeldstrasse".

Qui è tutto molto, ma molto meglio di quanto immaginassi. Wernigerode è davvero la città colorata dello Harz.
Ci sono fiori alle finestre delle case ed elfi a decorarne i muri, e il meraviglioso Municipio.
Anche Egle è colpita e restiamo a lungo a osservare la Fontana dorata dai raggi del sole che scompare dietro la collina.
Camminiamo lungo la Breite Strasse piena di negozi e di vita. Compriamo qualche souvenir, attraversiamo i ponti sul fiume Holtemme.

In un ristorante ceniamo con grandi bistecche e beviamo in enormi bicchieri una birra alla frutta che mai avrei pensato di trangugiare. Egle mi dice che si tratta di una tipica birra chiara di Berlino.

Il giorno dopo visitiamo il Castello di Wernigerode. Lo raggiungiamo con un calesse trainato da cavalli.
Foto di rito con la strega posta a guardia davanti al castello.


Wernigerode - La strega che protegge il castello.
Foto di Egle.

All'interno, tavoli apparecchiati in attesa dell'Imperatore... E una teca in vetro che contiene i disegni infantili della piccola Principessa Anna. Quei disegni antichi di più secoli una manina infantile li ha tracciati. Chissà se qualcuno ha elogiato la piccola Anna.


Wernigerode - Interno del castello.
Foto di Egle.

Con un tassista gentile raggiungiamo il sito Steinerne Renne dove sorgeva il campo di lavoro - il lager, il posto dove sono nata. E' circondato dal fiume Holtemme.
Più oltre i binari a scartamento ridotto che portano al Brocken.

La fabbrica di cioccolata è ancora in attività, ma è una fabbrica nuova. La vecchia in mattoni sembra dismessa, ed è in quella che i tecnici della Junkers avevano trapiantato le macchine per la produzione bellica. Mio padre diceva sorridendo che nella fabbrica di cioccolata, che si chiamava Argenta, non è MAI svanito il profumo di cioccolata, un profumo della speranza che tutto tornasse come prima.

Sì, perché la precisione teutonica aveva imballato con cura i macchinari dell'Argenta, ed ora la vecchia e la nuova fabbrica si fanno compagnia.


Wernigerode - Il luogo dove sorgeva il campo di lavoro.
Foto di Egle.

Guardo il prato coperto di foglie da cui spuntano pezzi di tronchi puntuti, i travi su cui si reggevano le baracche delle donne, gli alloggi per le lavoratrici coatte come mia madre.

E la vedo la mia mamma, magrissima, sull'uscio di una baracca, col suo camice a righe.
La vedo mentre di notte striscia sotto la recinzione oltre la quale c'è un campo di patate, vedo mia mamma che scava e si riempie le tasche di patate mentre un soldato di ronda non la vede (o finge di non vederla?).

Mia madre diceva di essere stata trattata umanamente nel campo di lavoro. Una donna che chiamavano "Mutti" (mamma) si occupava di tutte quelle ragazze di diverse nazionalità prigioniere nel campo.

Il problema "fame" era sempre presente e se mia madre ed io siamo sopravvissute è merito di mio padre.
Lui aveva libertà di movimento, non essendo un "coatto". Ha salvato mia madre dalla fame e dai bombardamenti.

Aveva come un sesto senso che lo guidava fuori dai pericoli, in luoghi sicuri.
E talvolta accadevano piccoli miracoli.
Un giorno ha trovato in un vagone abbandonando una scatola piena di barattoli di "Nestogen", un nome che non dimenticherò mai. Quel latte in polvere mi ha salvato. Quel giorno faceva freddo e mio padre stringeva talmente forte il suo tesoro da non riuscire a staccarsene. Mia madre che lo aspettava è riuscita a fatica a sciogliergli le mani dal suo tesoro.

Ci sono cose che i miei mi hanno raccontato, altre che si sono portati dentro per sempre. La nostra storia è finita bene.

Prima di lasciare il posto Egle mi traduce la scritta posta a testimonianza del fatto che quello è un luogo della memoria.

Io mi sento bene.

Il nostro autista ci aspetta accanto al suo taxi e ci riaccompagna in albergo.

A casa mi sono portata addosso un'euforia insolita, che non ho più provato.

E quindi il mio non è il racconto di un viaggio, ma un'escursione nella memoria, la mia e quella delle persone a me più care.

Il testo e molte foto di questi ricordi sono di Egle, e sono condivise con una licenza
Creative Commons (creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/deed.it).
Le altre foto sono dei rispettivi autori indicati e sono condivise tramite flickr.com con licenze Creative Commons.